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APPELLO CONTRO IL DASPO DI PIAZZA

Nei primi giorni di gennaio la questura di Pisa, attraverso la Divisione Anticrimine, ha avviato sei procedimenti che poteranno a provvedimenti di Daspo nei confronti di altrettante persone, responsabili di aver partecipato a una manifestazione il 14 novembre 2015. L’accusa è quella di “aver istigato a delinquere e aver avuto una condotta violenta lanciando ortaggi, pietre e petardi verso le forze dell’ordine”. Accusa tutta da provare (ai soggetti in questione non è ancora giunta neanche una denuncia!), che si basa su una ricostruzione piuttosto fantasiosa dell’accaduto.

Il Daspo è un provvedimento amministrativo che comporta il divieto temporaneo, ma della possibile durata di vari anni, di assistere a manifestazioni sportive, spesso anche con l’obbligo di firma in concomitanza dello svolgimento delle partite di calcio, e viene emesso in relazione a fatti inerenti al mondo del tifo, o dello sport in genere. Per via del suo scopo “preventivo” viene emesso senza che vi sia alcuna prova certa, tanto meno una condanna, del soggetto colpito; a volte anche in assenza di denuncia. Questo comporta una larga arbitrarietà da parte della Questura nel poterne usufruire.

In questo caso ci troviamo però di fronte a un “innovativo” utilizzo del Daspo che consentirebbe di emettere il provvedimento in relazione anche ad eventi estranei al mondo sportivo; in particolare è probabilmente la prima volta in Italia che il Daspo viene emesso in seguito alla partecipazione a un corteo.

Da una parte questi provvedimenti presentano delle evidenti contraddizioni: alcuni dei soggetti colpiti infatti non sono soliti frequentare lo stadio.

Più in generale, però, emerge la pericolosità e l’illegittimità di questa estensione nell’utilizzo del Daspo: se oggi si limita la libertà di frequentare eventi sportivi a seguito di un corteo, domani potrebbe essere per uno sciopero, un’occupazione studentesca, un picchetto contro gli sfratti, o per qualsiasi atto considerato come turbativo dell’ordine pubblico da parte della questura.

Riteniamo che questi provvedimenti costituiscano una violazione della libertà di manifestare e possano rappresentare un pericoloso precedente, aprendo la strada alla limitazione di altre libertà in futuro. Chiediamo quindi che le sei ingiunzioni di Daspo, in evidente contrapposizione con i principi costituzionali, non vengano emanate.